Traffico di rifiuti in Africa grazie all’ok della Regione Campania, arrestato un funzionario

I pm: «In questa vicenda è stata decisiva la collaborazione della giunta De Luca»

Il blitz del Noe
Il blitz del Noe
di Leandro Del Gaudio e Pasquale Sorrentino
Giovedì 29 Febbraio 2024, 23:49 - Ultimo agg. 2 Marzo, 07:42
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Gravissime omissioni da parte di chi avrebbe dovuto esercitare la propria azione di controllo. Inadempienze che hanno agevolato una trama internazionale messa in piedi da imprenditori senza scrupoli: quella di trasformare la Tunisia in una sorta di discarica italiana, buona per sversare a basso costo tonnellate di spazzatura che nessun impianto italiano o europeo avrebbe mai recepito. È accaduto tra il 2019 e il 2021, quando in Regione è stata autorizzata una procedura da parte di due funzionari che ora sono finiti nell’inchiesta: è attualmente agli arresti domiciliari Vincenzo Andreola, classe 1957, nato ad Aquara in provincia di Salerno; mentre risulta indagato un altro dirigente regionale per omesso controllo. Inchiesta della Procura di Potenza, coordinata dal procuratore Francesco Curcio (investigatore di provata esperienza, in passato in forza alla Dda di Napoli, poi alla Procura nazionale antimafia), che ha chiesto e ottenuto alcune misure cautelari.

Finiscono in cella Alfonso Palmieri, Tommaso Palmieri, Mohamed Nouraddine, Paolo Casadonte; mentre finiscono agli arresti domiciliari gli imprenditori Antonio Cancro, Innocenzo Mazzotta, Ciro Donnarumma, Federico Palmieri e lo stesso funzionario regionale. Ma torniamo al lavoro svolto a Potenza. Decisivo il lavoro svolto dalla Dia e dal Noe di Potenza, che hanno preso le mosse dalla denuncia di alcune testate giornalistiche (tra cui Il Mattino), ma anche della consigliera regionale pentastellata Maria Muscarà. Tutto ha avuto inizio in Calabria, a partire dalle tramee di alcuni imprenditori dei rifiuti come Paolo Casadonte (broker e legale rappresentante della Gc Service) e Maurizio Innocenzo Mazzotta (Eco Management), e alcuni tunisini. In Tunisia – lo sostiene il procuratore Curcio – ci sono interessi calabresi, compresi quelli legati ai rifiuti. Si intende smaltire dei rifiuti – a costi dimezzati – che in Italia avrebbe costi esosi e in Tunisia invece no. Peccato che in Tunisia non potrebbero essere esportati in quanto rifiuti non più riutilizzabili e quindi contrari agli accordi internazionali. Ma farli partire dalla Calabria non è la scelta giusta secondo i due, per i quali «in Regione Campania non abbiamo problemi». 

Una decisione presa ancor prima di proporre l’affare alla Sra, della famiglia Palmieri (Tommaso e i figli Alfonso e Federico, anche se l’amministratore delegato è Antonio Cancro). Nel settembre del 2019 ecco la firma: trasportare 8mila rifiuti da Polla in provincia di Salerno, sede della Sra, al porto maghrebino di Sousse, attraverso il porto di Salerno. Ed ecco a stretto giro anche l’autorizzazione da parte della Regione Campania, uffici di Salerno. Vincenzo Andreola, funzionario regionale, concede l’autorizzazione. Per la Procura non ci sono dubbi: le omissioni nei controlli sono clamorose. Seduti attorno allo stesso tavolo, vengono addirittura definiti comiche le modalità di individuare il focal point. A indicarlo è la Sra, attraverso anche l’assenso del console tunisino in Italia. Ovviamente è il focal point sbagliato che concede il nulla osta tra documenti sospetti o mai presentati nei tempi giusti. «Quattro carichi da inviare nel 2020. Il primo arriva, sbarca, viene portato alla Soreplast. Un’azienda che risulterà essere una scatola vuota con due macchinari tra l’altro portati dall’Italia, e incapace di convertire quei rifiuti in materiali riciclati così come era previsto. Sarà l’unico a toccare terra (anche se verra bruciato a scandalo scoppiato, il giorno dopo la visita dell’allora ministro degli esteri Luigi di Mario), perché gli altri vengono bloccati al porto di Sousse mentre scattano arresti per corruzione in Tunisia. Incendio doloso, secondo le indagini. 

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In Italia, qualcosa comincia a muoversi nell’opinione pubblica prima che nella politica e nella magistratura. Ben 214 container vengono fatti rientrare in Italia e al porto di Salerno partono le indagini prima della Procura di Salerno, poi per competenza di quella lucana. I rifiuti vengono sequestrati e parcheggiati nell’area militare di Persano, alle porte di Eboli per la caratterizzazione. Chiaro, secondo gli indagati, il disegno criminale di parte delle persone coinvolte: risparmiare circa due milioni di euro, per non riciclare dei rifiuti ma smaltirli in qualche discarica tunisina così «da cannibalizzare l’Africa con i nostri rifiuti», secondo il procuratore Curcio. Il tutto con il supporto di un imprenditore tunisino, Mohammed Noureddine legato alla Soreplast, sposato con una donna dell’area di Soverato e latitante da quando la Tunisia ha fatto scattare gli arresti – e Ben Ali Makran impiegato dell’Anged, l’agenzia che ha dato il consenso al trasporto dei rifiuti anche se non ne aveva le facoltà. Oltre ad Andreola ai domiciliari, c’è un altro dirigente regionale sotto inchiesta per mancato controllo. Tutti, tra colletti bianchi e imprenditori, vanno ritenuti innocenti fino a prova contraria e potranno dimostrare la correttezza della propria condotta nel corso delle indagini.