Margherita delle stelle, Cristiana Capotondi è Margherita Hack: «Libera e con una visione, vorrei essere come lei»

«Vorrei avere anch'io capacità di visione, ma spesso ho paura di non essere all'altezza»

Cristiana Capotondi
Cristiana Capotondi
di Titta Fiore
Giovedì 29 Febbraio 2024, 07:00 - Ultimo agg. 1 Marzo, 07:27
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Nella galleria di biopic Rai dedicati ai grandi italiani arriva ora sulla prima rete «Margherita delle stelle», il film di Giulio Base sulla vita dell'astrofisica Hack, scienziata di fama mondiale, divulgatrice, donna libera. Coprodotta da Rai Fiction e Minerva Pictures, in onda il 5 marzo, la storia che vede il ritorno di Base alla regia televisiva dopo dieci anni di cinema è un racconto di formazione, il ritratto intimo di una ragazza controcorrente, modello di emancipazione e curiosità per il sapere in un'epoca difficile per l'empowerment femminile. Nata nel 1922, cresciuta a Firenze negli anni del fascismo e della guerra da genitori anticonformisti che le insegnano la libertà di scegliere, portandola a rompere gli schemi imposti dalla società del tempo, Margherita diventa una donna che non si piega a compromessi e che si costruisce una realtà a misura delle sue convinzioni. Dal modo di vestire, incurante delle regole del tempo, alla passione per lo sport agonistico, al matrimonio con il fedele Aldo, tanto felice quanto non convenzionale, tutto concorre a fare di lei una straordinaria outsider. Nei panni della protagonista (scomparsa nel 2013 a 91 anni) c'è Cristiana Capotondi, Flavio Parenti è Aldo De Rosa, l'uomo di lettere che le è stato accanto tutta la vita, Sandra Ceccarelli e Cesare Bocci i genitori illuminati. Dice l'attrice: «Lo studio delle stelle che Hack ha portato avanti con risultati eccellenti è una metafora della nostra vita, dobbiamo sempre puntare alla stella giusta».

Cosa le piace di Margherita Hack e cosa ha scoperto interpretandola?
«Mi colpisce la sua autoironia e adoro il suo spiritaccio toscano.

L'educazione libera ricevuta dai genitori le ha permesso di superare gli stereotipi sociali dell'epoca e di non abbattersi per non essere uguale alle altre. Nell'unicità dei sentimenti ha trovato la sua forza e questo è molto bello».

Come la ricorda?
«Poteva sembrare spigolosa, in realtà era morbidissima, una personalità molto coinvolgente quando era l'astrofisica illustre, ma capace di grande tenerezza nell'opera di divulgazione con i ragazzi. Sarebbe stata un'eccellente senatrice a vita».

Il ritratto di Margherita Hack si aggiunge a quello di altre donne forti che ha affrontato in carriera, come Chiara Lubich e la principessa Sissi. C'è qualcosa che le accomuna?
«La forza che hanno espresso, il segno che hanno lasciato nell'immaginario collettivo dal punto di vista storico e sociale. Sissi è riuscita a ritagliarsi un ruolo politico, Lubich era una visionaria che ha imposto il suo valore della fratellanza universale, Hack ha raccontato una materia complessa con una capacità di visione che mi piace molto. Vorrei averla anch'io, ma spesso ho paura di non essere all'altezza».

Perché?
«Forse perché, da buona Vergine, sono abbastanza determinata e molto autocritica, ma mi capita di temere questa cosa: di non avere visione sulle cose, sul futuro. Hack immaginava un mondo con scienziate e scienziati fianco a fianco, non in contrapposizione come quello in cui si trovò a lavorare. Le storie di ribellione sono le più affascinanti».

Margherita Hack è stata un simbolo di emancipazione e autodeterminazione delle donne, abbattendo il famoso «tetto di cristallo».
«Certo, ma credeva anche nella partecipazione e nel confronto. Penso che oggi dovremmo smettere di parlare del rapporto tra generi e cominciare a parlare di persone. Dovremmo imparare a metterci in discussone, uomini e donne, senza paura. Coltivare i nostri sogni. Lavoro con numerose fondazioni, fino ai 16 anni molte ragazze sognano di studiare materie scientifiche, dopo però passano a quelle umanistiche, forse per conciliare più facilmente lavoro e famiglia».

Aldo De Rosa ha sostenuto Hack in tutto e per tutto, tant'è che lo chiamavano «il moglio», con un'accezione negativa. In realtà è stato il primo a capire le sue eccezionali capacità.
«La loro storia ci insegna a mettere da parte l'ego. Aldo è stato uno dei pilastri del percorso di Margherita, senza di lui forse non avremmo avuto la grande astrofisica. Oggi, invece, manca la complicità, le storie che leggiamo sulle coppie sono una carneficina».

Al cinema l'abbiamo appena vista nella commedia di Alessandro Siani, «Succede anche nelle migliori famiglie», una delle poche ad aver vinto la sfida del botteghino, mentre i film d'autore hanno ritrovato in maniera inaspettata il loro pubblico. Cosa è cambiato?
«Probabilmente la gente sa di poter trovare tante commedie di genere sulle piattaforme e al cinema chiede storie che riflettono sull'attualità e sui temi caldi del momento. Alessandro non ha avuto paura di fare una commedia pura, con una nota di dolcezza, e gli incassi lo hanno premiato. Il pubblico premia sempre le cose di carattere, nette, precise». 

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