Yara, dopo 5 anni Massimo Bossetti potrà vedere i reperti: dagli abiti alle 54 provette di Dna

Lunedì pomeriggio (ore 15), davanti ai giudici della corte d’Assise di Bergamo, in un’udienza a porte chiuse a cui il condannato parteciperà in video collegamento dal carcere a Bollate

Yara, dopo 5 anni difesa Massimo Bossetti potrà vedere i reperti: dagli abiti alle 54 provette di Dna
​Yara, dopo 5 anni difesa Massimo Bossetti potrà vedere i reperti: dagli abiti alle 54 provette di Dna
Venerdì 10 Maggio 2024, 17:50 - Ultimo agg. 11 Maggio, 08:02
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Cinque anni dopo averne fatto richiesta, lunedì 13 maggio la difesa di Massimo Bossetti potrà visionare, per la prima volta, i reperti legati all’omicidio di Yara Gambirasio, la 13enne di Brembate (Bergamo) per il cui omicidio è stato condannato in via definitiva all’ergastolo Massimo Bossetti.

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Massimo Bossetti, la battaglia in Cassazione

Dopo una lunga battaglia in Cassazione, conclusasi lo scorso febbraio, i legali Claudio Salvagni e Paolo Camporini hanno strappato solo la possibilità di osservare gli abiti della vittima e i profili di Dna.

Lunedì pomeriggio (ore 15), davanti ai giudici della corte d’Assise di Bergamo, in un’udienza a porte chiuse a cui il condannato parteciperà in video collegamento dal carcere a Bollate, i difensori e i propri consulenti visioneranno quanto rimasto sigillato per anni in uno scatolone.

 

Gli slip e le provette di Dna

L’osservazione riguarderà, tra l’altro, gli slip su cui è stata trovata la traccia genetica mista, della vittima e dell'allora Ignoto 1, considerata la prova regina contro Bossetti; la felpa che Yara indossava il 26 novembre 2010, giorno della scomparsa; il giubbotto che aveva nel campo di Chignolo d'Isola dove è stata trovata senza vita tre mesi dopo. E appariranno anche le 54 provette di Dna - trasferite da un frigorifero dell'ospedale San Raffaele di Milano all'Ufficio corpo di reati del tribunale di Bergamo - che hanno acceso un aspro scontro tra difesa e accusa. «Finalmente dopo 5 anni dalla autorizzazione ci vengono fatti vedere i reperti, anche se l'autorizzazione del 27 novembre 2019 ci consentiva di analizzarli. E’ evidente che non possiamo accontentarci, però, è un primo passo avanti, visto che durante il processo neppure ci sono stati fatti vedere» spiega Salvagni all'Adnkronos. «Controlleremo che ci siano tutti i reperti e il loro stato di conservazione. Speriamo dalle riprese fotografiche di poter cogliere qualche particolare importante e poi valuteremo il da farsi per arrivare a ribaltare il risultato sul Dna che abbiamo sempre respinto come errato» conclude il difensore.

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