Terremoto a Napoli, le paure dei bimbi: «Ecco come li aiutiamo»

A Pozzuoli iniziative dell'Ordine degli psicologi e del Comune che sta per varare un centro d'ascolto

Evacuazione scuola diano pozzuoli
Evacuazione scuola diano pozzuoli
Paolo Barbutodi Paolo Barbuto
Mercoledì 8 Maggio 2024, 23:27 - Ultimo agg. 9 Maggio, 07:30
6 Minuti di Lettura

Come si vive con il terremoto? «Vabbè, mo’ mi sono abituato. Io non ho paura». Luigi ha 12 anni, occhi neri che sprigionano fiamme, voglia di sembrare più grande, sicuro, coraggioso.

Scuola media Giacinto Diano, Pozzuoli: i sussulti della terra scuotono le aule e la serenità dei seicento studenti tra i dieci e i 13 anni. Non tutti hanno la corazza di Luigi, molti sono preoccupati, incupiti, nonostante gli sforzi della preside, Valeria del Vasto, e dei professori che fanno a gara per rincuorarli, per spiegare che il bradisismo c’è, e bisogna imparare a farci i conti senza farsi trascinare dalla paura. Ma vallo a spiegare a un bambino di undici anni che non deve spaventarsi quando la terra trema e tutt’intorno si diffonde il panico. Luigi ascolta, aggrotta la fronte sotto al casco di capelli di pece, si fa serio, diventa filosofo: «La verità è che ci sono genitori che vanno troppo in ansia».

Il presidente dell’Ordine degli psicologi della Campania, Armando Cozzuto, spiega che «la paura, quella sana, è naturale e non deve creare disagio». Anche Cozzuto vive a Pozzuoli, ha figli piccoli e combatte, come tutti i genitori della zona rossa, una battaglia per regalare serenità ai suoi bimbi.

Non è una sfida semplice, soprattutto con i più piccini, che percepiscono la sensazione di paura dei genitori e la fanno diventare loro: «Non ci sono dati ufficiali - il presidente chiarisce che non è una rilevazione scientifica - però stanno aumentando i casi di bambini che non vogliono più andare all’asilo o alle elementari perché i terremoti hanno fatto risorgere la paura del distacco. Crescono anche i casi di piccoli che avevano imparato a trattenersi e adesso hanno ricominciato a fare la pipì a letto. Sono segnali che vanno individuati presto per adottare le contromisure giuste».

Una delle prime azioni è un’iniziativa dell’Ordine degli psicologi, che sta per varare un progetto di coinvolgimento della cittadinanza nel contrasto alle difficoltà causate dal bradisismo: verrà creata una rete di genitori e docenti che saranno coinvolti in giornate di apprendimento per imparare come gestire l’ansia da terremoto e come affrontarla con i bambini, poi il progetto si allargherà fino ad includere chiunque abbia voglia di comprendere cosa fare di fronte alle scosse e alla paura.

I ragazzi della Diano, come quelli di tutti gli istituti di Pozzuoli, non vivono giornate scolastiche come quelle di tutti gli altri studenti d’Italia.

D’improvviso il suono di una sirena rompe il silenzio delle lezioni: è il segnale di evacuazione che una volta arrivava solo in occasione delle prove, ma da qualche tempo si manifesta con frequenza perché c’è stato un vero terremoto.

La regola, che ciascuno studente conosce alla perfezione, prevede che durante la scossa si rimanga in aula, protetti sotto i banchi. L’esodo dalle classi inizia solo al termine del sisma, al suono della sirena: ogni classe ha un “aprifila” e un “chiudifila”, due studenti che mantengono questo ruolo per tutti i tre anni delle medie e sanno cosa fare: il primo si avvicina alla porta, assieme al docente, ovviamente, e fa creare una fila indiana alle sue spalle, l’ultimo ha il compito di verificare che in classe non ci sia più nessuno e poi concedere il via al serpente di studenti che si avvia nel cortile dove ciascuna classe ha la sua specifica zona d’attesa. Tra esercitazioni e scosse vere, le procedure di evacuazione sono diventate la normalità, ma quanti studenti nel Paese, convivono con questa incredibile normalità?

I professori sono diventati coriacei, ingoiano il loro spavento, tirano fuori sorrisi e abbracci rassicuranti, soprattutto nel cortile appena l’evacuazione è completata. Bisogna fare i conti con centinaia di cuoricini che battono all’impazzata e chiedono sostegno: «Cerchiamo di sdrammatizzare, di fare battute, di far distrarre i ragazzi», Francesco Miraglia insegna tecnologia, è architetto, spiega ogni dettaglio sulla solidità della scuola e delle regole di fuga. Lascia poco spazio alle emozioni, lo fa solo quando racconta dei momenti post-fuga e quando chiede di scrivere che «nella scuola c’è una tenace attenzione che coinvolge docenti, studenti ma anche il personale non docente, tutto, che partecipa alle procedure senza risparmiarsi».

Titti D’Alicandro è docente di sostegno, puteolana doc, ha vissuto tutte le altre crisi di bradisismo fin da bambina, sa cosa si prova e intinge le parole nel cuore quando racconta i giorni d’oggi al fianco dei ragazzi: «Certe volte capita che dopo una scossa qualcuno resta paralizzato in cima alle scale e non vuole più muoversi, qualcun altro crolla e scoppia a piangere. Sono i momenti più delicati, quelli in cui è necessario andare incontro ai loro sentimenti, comprenderli, aiutarli a superare la paura. La verità è che in questo momento, in questa zona, siamo in guerra contro il bradisismo. Abbiamo a disposizione tante armi per difenderci, ma restiamo in guerra».

L’ansia non divora solo i più piccini. C’è un’intera città che lotta contro la paura, che cerca certezze, rassicurazioni. «Incontriamo tante persone che ci chiedono cosa accade, quanto ci sarà da convivere con questa situazione, quali sono le misure per proteggersi dai sussulti», Giacomo Bandiera è assessore al Governo del territorio, è un amministratore che non resta nella sua stanza, consuma le suole sulle strade di Pozzuoli sente la voce della città, sa che sotto la cenere della finta serenità cova la brace della grande paura: «Il sindaco Manzoni sta predisponendo un centro d’ascolto aperto a tutti i cittadini che sentono la pressione dell’ansia. Siamo in dirittura d’arrivo, si tratta di un progetto che contribuirà a rasserenare i cittadini che si sentono spaesati».

Video

La verità è che ogni cosa viene ingigantita dagli ottusi dei social, cresce il partito del «non ce lo dicono». In migliaia pensano che la situazione sia più grave di quel che viene detto dalle autorità e dagli scienziati, un evento recente è stato significativo: un dipendente del Comune ha cambiato i materassi e ha caricato quelli vecchi sull’auto per portarli alla discarica; immediatamente il vicinato ha sospettato che quell’uomo avesse saputo, in segreto, che c’era un allarme imminente e che stava lasciando la casa per fuggire. Un’intera strada s’è organizzata per scappare di fronte a un pericolo solo immaginato.

«I social contribuiscono alla diffusione di notizie incontrollate - spiega il presidente degli psicologi Cozzuto - ma non vanno demonizzati. La possibilità di condividere ansie e paura su quei canali, aiuta tanti a diluire la tensione. Quindi benvengano i social e i gruppi whatsapp dove confrontarsi».

© RIPRODUZIONE RISERVATA