Ospedale Cto Napoli, intervista al primario Mario Guarino: «Più medici e meno code, ecco il nostro modello»

«All'ultimo concorso per dirigenti medici per 4 posti sono arrivate 51 domande»

Mario Guarino
Mario Guarino
di Ettore Mautone
Martedì 29 Agosto 2023, 08:30
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Non accenna a scemare la pressione che grava sui Pronto soccorso della città. Il Cto, porta d'ingresso dell'azienda dei Colli, non è da meno ma registra un dato anomalo e in controtendenza con poche fughe, molte domande ai concorsi, tanti specialisti della disciplina arruolati in prima linea, nessun turno di Pronto soccorso o medicina di urgenza coperto da altri specialisti. Un piccolo pronto soccorso, certo, ma quasi un modello in uno scenario in cui i maggiori sindacati della dirigenza medica, Anaao in testa, pensano a rivedere e mettere in discussione l'attribuzione delle funzioni del medico unico di pronto soccorso.

Mario Guarino, il primario, è uno degli ultimi allievi del caposcuola Fernando Schiraldi: quanti siete a presidiare il pronto soccorso del Cto?
«Siamo 21 compreso me».

Più dei 19 specialisti del Cardarelli, ospedale che attinge a piene mani dai reparti
«In realtà siamo sotto di 4 unità, 2 sono andati via ma la direzione generale ne ha presi 8 con l'ultimo concorso e a gennaio ne farà un altro».

Solo medici d'urgenza?
«Sì, tutti specialisti della disciplina, 2 per turno per 105 accessi di media al giorno con picchi di 160.

Di questi, quelli che restano ricoverati in Pronto soccorso sono il 10.6%, i dimessi nell'arco di 24, massimo 48 ore dopo osservazione breve l'89.4%».

Non avete sovraffollamento?
«Siano un piccolo pronto soccorso come lo sarebbe il San Paolo ma abbiamo un basso tasso di boarding per l'elevato filtro ai ricoveri reso possibile dal fatto che in prima linea ci sono unicamente medici specialisti in urgenza e pronto soccorso con una preparazione specifica».

Qual è la vostra organizzazione?
«Seguiamo gli standard e i modelli della nostra società scientifica, la Simeu di cui sono past segretario nazionale e attuale direttore nazionale della Summer school. Da me lavorano colleghi campani bravissimi provenienti da molte regioni: Anita da Ancona, Giovanna dal Careggi di Firenze, Rosanna da Prato e Cosimo dalla Svizzera. Appena avuta la possibilità di avere un posto che facesse svolgere loro il lavoro del medico d'urgenza sono rientrati. L'esperienza di Cosimo sarebbe da raccontare. Guadagnava molto di più eppure...».

Non scontate carenze di personale?
«All'ultimo concorso per dirigenti medici per 4 posti sono arrivate 51 domande. Se ai medici d'urgenza gli fai fare il lavoro che hanno scelto si diventa attrattivi. La Campania è una delle pochissime regioni che non hanno il cancro delle cooperative con medici gettonisti in prima linea».

Insomma emerge un modello Cto?
«In effetti è il modello San Paolo, ossia quello che il mio maestro e di tanti colleghi, Fernando Schiraldi, introdusse nell'ospedale di Fuorigrotta nel 2000».

In cosa consiste?
«Le Unità operative devono comprendere 118, Pronto soccorso, Obi, medicina d'urgenza come degenza ordinaria e sub-intensiva con la direzione di un medico specialista in medicina di urgenza e pronto soccorso e l'impiego solo di medici ed infermieri che hanno scelto questo lavoro».

Basta questo?
«Ovvio che no: serve un controllo serrato della medicina del territorio con particolare riguardo alla continuità assistenziale (guardia medica). Ogni paziente inviato in pronto soccorso (come da normativa) dovrebbe essere accompagnato da relazione del medico che lo fa accedere. Ciò non accade».

Un'isola felice ma al Cardarelli e negli altri ospedali c'è sempre caos e barelle. È possibile evitarlo?
«Noi non siamo un'isola felice ma interagiamo di continuo con tutti gli altri attori dell'emergenza e urgenza che sicuramente è in difficoltà in Campania e in altre regioni e grandi città. Non siamo felici e nemmeno soddisfatti, potremmo e dovremmo fare di più».

Il personale di pronto soccorso dovrebbe essere pagato di più?
«I medici e gli infermieri d'urgenza non dovrebbero essere pagati di più ma in maniera adeguata al loro lavoro unico nel contesto sanitario». 

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