Sembra un scambio ben studiato e trattato a lungo, ma che nessuna delle due parti coinvolte è disposta ad ammettere. Di mezzo, d’altronde, c’è il rischio di un ulteriore spargimento di sangue. La sostanza è che i militari di Israele sono pronti a far scattare l’operazione di terra nel cuore di Rafah, il rifugio di un milione e mezzo di profughi al sud della Striscia di Gaza. E il blitz pare essere pianificato in cambio di uno stop all’attacco su vasta scala contro l’Iran. Un congelamento o almeno una strategia di minore impatto che eviti l’escalation, anche alla luce della nuova minaccia di Teheran, pronta a contrattaccare con le armi nucleari. Gli Stati Uniti, che secondo le prime indiscrezioni fatte trapelare dai media egiziani, avrebbero dato il loro via libera alla nuova strategia, si affrettano a far sapere che non hanno concordato questo scambio con il governo di Netanyahu. Quello che da Washington ribadiscono è che l’obiettivo è quello di evitare il caos totale nel Medio Oriente.
Gaza, raid di Israele nel campo profughi: 11 morti e numerosi feriti
LA BATTAGLIA
I preparativi per l’assalto all’ultima roccaforte di Hamas, in verità, sono in corso da settimane, se non mesi.
IL PIANO
Netanyahu ha già chiarito che l’operazione a Rafah è necessaria. E non è un caso che Hamas stia riorganizzando in fretta e furia le difese, sfruttando anche il “ritiro” delle truppe israeliane da Khan Younis e da altre zone della Striscia. Quella di Rafah non è una semplice battaglia, ma una resa dei conti. Uno scontro di cui il governo israeliano ha approvato da tempo la data di inizio, anche se non l’ha voluta rivelare. Un giorno che potrebbe arrivare presto. Molti pensano che Netanyahu possa aspettare la fine della Pasqua ebraica, che quest’anno termina il 30 aprile. Ma con i negoziati con Hamas paralizzati, il Qatar che minaccia di abbandonare la mediazione e l’ombra della guerra con l’Iran, la situazione sul campo potrebbe richiedere un’accelerazione dei tempi. Israele non può permettersi troppi fronti aperti. E Bibi sa che può passare all’incasso con Joe Biden mettendolo davanti a una scelta: l’Iran o Rafah. Un bivio drammatico e decisivo, da cui passa il destino di Netanyahu, di Hamas e di milioni di persone. Anche perché gli ayatollah hanno fatto sapere di nuovo ieri che sono disposti ad alzare il tiro: «Abbiamo individuato la posizione dei centri nucleari di Israele e siamo pronti a distruggerli nel caso in cui lo Stato ebraico ci attacchi».