Strage dei rinoceronti in Kenya: anche gli italiani impegnati contro i bracconieri

Rinoceronti in Kenya
Rinoceronti in Kenya
di Alessandro Di Giacomo
Venerdì 4 Aprile 2014, 15:20 - Ultimo agg. 6 Aprile, 17:24
4 Minuti di Lettura

Nella fitta vegetazione del Parco Nazionale di Nakuru, circa 100 km a Nord di Nairobi, qualche giorno fa hanno rinvenuto la carcassa del 19 rinoceronte ucciso dai bracconieri dall’inizio del 2014. Purtroppo, proprio in queste ore (anche se non confermata ufficialmente) sta girando la voce di un altro abbattimento.

I rinoceronti, tuttavia, non sono i soli “perseguitati” da questi banditi: sono infatti in macabra compagnia anche di 51 elefanti abbattuti senza scrupoli nello stesso periodo.

«Peraltro, questa è la cifra dichiarata dal Kenya Wildlife Service, ma si pensa sia sotto stimata. Con molta probabilità, gli elefanti uccisi dall’inizio dell’anno sono più di 100. Le ragioni di questa mattanza sono spregevoli, ignoranza e guadagno facile» a parlare è Massimo Vallarin, vicepresidente dell’Associazione Italiana Esperti d’Africa che opera sul campo, in Kenya. La sede principale e il presidente, Davide Bomben, sono a Torino.

«Purtroppo, questi ultimi dati –prosegue Vallarin- si aggiungono alla lunga scia di morte che riguarda questi esemplari a rischio estinzione. Negli ultimi 5 anni, l’incremento del bracconaggio, dovuto alla forte crescita nella domanda da parte del mercato orientale, ha portato la popolazione dei rinoceronti in Kenya ad un drastico declino, tanto da portare a dichiarare che oggi, il bracconaggio deve essere considerato un “Disastro Nazionale».

Qual è la popolazione attuale di rinoceronti ed elefanti in questa parte dell’africa dell’Est?

«I numeri parlano oggi di un totale pari a circa 1.041 rinoceronti, di cui 631 neri (l’80 % dell’intera popolazione mandiale) e 410 bianchi. Per quanto riguarda gli elefanti nel 1970 in Kenya erano stimati in circa 167.000, mentre ora sono in circa 35.000».

Vallarin, quali sono le ragioni di questo sterminio?

«I rinoceronti sono scannati per ignoranza. Il mercato dell’Estremo Oriente chiede la polvere che si ricava dai corni, attribuendole qualità curative. Balle! Un corno non è altro che creatina, un semplice ammasso calcificato di peli. Eppure lo pagano 60mila dollari al kg e ogni rinoceronte ne ha circa 7 Kg. Fatevi voi i conti…».

E per quanto concerne gli elefanti?

«L’assassinio, perché di questo si tratta, è per l’avorio da cui si ricavano solo monili ed altre facezie. Il valore è di circa 800/1.000 dollari al kg ed ogni zanna pesa dai 25 ai 30 kg».

Vallarin, un torinese in Africa dal 1992, quando parla di questo argomento si accalora, perché lui è nato col Mal d'Africa, ama questa terra. Aggiunge : «Non c’è solo ignoranza ed avidità. Va considerato che da questo traffico si finanzia il 40 % del terrorismo internazionale.

Il bracconaggio è tutto uguale?

«Ne esistono di 3 tipi. Il primo è lucrativo per corni e zanne. Il secondo è di sussistenza con trappole per catturare animali come antilopi varie, ma nel quale restano però uccisi addirittura i leoni. Il terzo è sportivo, ma in Kenya la caccia è proibita e controllata e quindi questo aspetto riguarda altri Stati africani».

Anche gli italiani sono, dunque, impegnati nella difesa di queste specie…

«L’AIEA è presente in Kenya, Sud Africa, Namibia, Botswana e Tanzania. Formiamo guide professioniste per i safari, ma svolgiamo anche attività di conservazione ed antibracconaggio, collaborando con molte Autorità locali. La nostra Poaching Prevention Academy è impegnata, oltre che nell’addestramento alle Anti Poaching Unit in vari Paesi africani, anche nella rimozione delle trappole, nell’assistenza agli animali feriti dai bracconieri ed al salvataggio dei cuccioli rimasti orfani».

Quali sono gli altri animali a rischio bracconaggio?

«Certamente i leoni, principalmente per il conflitto uomo-animale. L’esplosione demografica del Kenya sta determinando l’invasione da parte dell’uomo di territori selvaggi e così i leoni hanno imparato che una mucca è più facile da aggredire di un bufalo. I pastori Masai e Somali li contrastano con le lance, ma da un po’ di tempo anche avvelenando carcasse o secchi di sangue. Così facendo però uccidono l’intera catena alimentare, perché poi muoiono anche iene, sciacalli, avvoltoi e persino le mosche che ricoprono le carogne».