Insetti impollinatori: quali sono e perché sono così importanti?

Ne abbiamo parlato con la Dottoressa Laura de Riso e con Romano Gregorio, direttore del Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, che ci hanno raccontato il progetto di Sistema Impollinatori

Contenuto a cura di Piemme SpA Brand Lab in collaborazione con ENTE PARCO NAZIONALE DEL CILENTO, VALLO DI DIANO E ALBURNI
Martedì 7 Maggio 2024, 11:01 - Ultimo agg. : 13 Maggio, 09:45 | 6 Minuti di Lettura

Il tema della conservazione degli insetti impollinatori è di grande attualità e importanza, specialmente se consideriamo il declino degli insetti messo in evidenza da numerosi studi. Alla luce dell’iniziativa dell’Unione Europea di giugno 2018 a favore degli impollinatori, anche l’Italia è stata chiamata ad intensificare gli sforzi per contrastare le principali minacce che incombono sulla specie e ad ampliare la base di conoscenze scientifiche.

Nel 2019, il Ministero dell’Ambiente ha coinvolto i Parchi Nazionali in un significativo progetto dedicato agli insetti impollinatori selvatici. In particolare, il Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni ha assunto il ruolo di coordinatore del gruppo per il Progetto di Sistema Impollinatori, che include anche i Parchi Nazionali del Circeo, dell’Asinara e dell’Arcipelago della Maddalena per un progetto che si concentrerà sul monitoraggio per la tutela degli insetti impollinatori selvatici.

Abbiamo avuto il piacere di approfondire il Progetto di Sistema Impollinatori con la Dott.ssa Laura De Riso, che ci ha guidato attraverso questo universo fondamentale per la diversità biologica.

Carduus carlinifolius Lam. (foto di Dionisia De Santis)

1. Perché sono importanti gli insetti impollinatori?
“Per rispondere a questa domanda è importante far riferimento al concetto di “servizio ecosistemico”. Un servizio ecosistemico è un qualsiasi beneficio che gli ecosistemi forniscono per il benessere umano e per la qualità della vita. La natura ci fornisce acqua e aria pulite, cibo e materie prime per medicinali e per l’industria. Di alcuni servizi ecosistemici (uno su tutti, la regolazione del clima), non abbiamo avuto percezione se non in tempi recenti quando per nostra responsabilità l’alterazione degli ecosistemi ha esacerbato fenomeni come il cambiamento climatico.

L’impollinazione è un servizio ecosistemico, da cui dipende una grossa parte del nostro approvvigionamento di cibo. Nella sola Unione Europea circa l’84% delle specie coltivate dipendono, almeno in parte, dall’impollinazione animale.

Fra gli insetti, i principali impollinatori sono gli Apoidei (api e bombi), i Sirfidi (un gruppo di mosche che ha colori e forme simili a quelle di alcune api; in pratica fanno finta di essere api per ingannare gli uccelli predatori) e i Lepidotteri (le farfalle a volo diurno e notturno); queste sono le tre categorie di insetti impollinatori selvatici di cui stiamo facendo il monitoraggio.”

2. Che ruolo hanno gli insetti impollinatori per la salvaguardia degli ecosistemi?
“Fondamentale! Circa il 90% delle piante da fiore si servono degli impollinatori per portare il polline da un fiore ad un altro e, quindi, riprodursi. Non ci sono solo gli insetti che, nutrendosi di nettare, trasportano il polline. Ad esempio, anche alcuni ragni sono impollinatori: non si nutrono di nettare, ma spostandosi da un fiore ad un altro alla ricerca di prede trasportano il polline. In minor misura anche i mammiferi, come i pipistrelli che si nutrono di nettare, e gli uccelli, come il colibrì, sono impollinatori. Senza l’impollinazione animale la maggior parte degli ecosistemi non esisterebbe.”

Digitalis ferruginea L. (foto di Dionisia De Santis)

3. Quali sono i rischi che corrono oggi gli insetti impollinatori?
“Enormi. L’IUCN (International Union for Conservation of Nature), il principale organismo mondiale non governativo a tutela della Biodiversità, ha stimato che in Europa circa una specie su tre di api, farfalle e sirfidi sono in declino, e una specie di api e farfalle su dieci e una su tre di sirfidi sono a rischio estinzione. Le cause sono molteplici: la distruzione, il degrado e la frammentazione degli habitat, l’inquinamento (soprattutto da pesticidi usati in agricoltura), la presenza di specie esotiche come il calabrone asiatico (Vespa velutina) che preda le api, e i cambiamenti climatici con eventi estremi.

Il forte declino degli insetti impollinatori e dei relativi servizi ecosistemici che questi animali forniscono, fondamentali come abbiamo detto per il benessere umano e per la biodiversità, è al centro dell'attenzione delle politiche dell'Unione Europea e, quindi, dell’Italia.

Il progetto del Ministero dell’Ambiente sugli Insetti Impollinatori selvatici, che vede coinvolti i Parchi Nazionali italiani, si muove su più linee:

• Il monitoraggio di Apoidei, Lepidotteri e Sirfidi, necessario per capire il trend delle popolazioni;

• Individuazione delle pressioni che minacciano le popolazioni presenti nel territorio del Parco,

• Interventi sul territorio per affrontare le cause del declino, soprattutto per quanto riguarda il recupero degli habitat e la loro connettività;

• Attività di comunicazione per sensibilizzare cittadini e imprese sull’emergenza del declino degli Impollinatori.”

Origanum vulgare M. Cercati (foto di Dionisia De Santis)

Abbiamo poi approfondito il tema con Romano Gregorio, Direttore del Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, esaminando il contributo del Parco per il miglioramento degli habitat degli impollinatori nel contesto del progetto.

1. Cosa ha fatto il Parco per il miglioramento degli habitat degli impollinatori nell’ambito del progetto?
“Il Parco è gestore di 36 siti della Rete Natura 2000, di cui 28 Zone Speciali di Conservazione (ZSC – istituite per la tutela di habitat e specie) e 8 Zone di Protezione Speciali (ZPS – istituite per la protezione degli uccelli).

Ricordiamo che le direttive Uccelli e Habitat dell'Unione Europea sono i pilastri della legislazione europea sulla conservazione della natura. L'obiettivo generale delle due direttive è di assicurare che le specie e gli habitat contemplati siano mantenuti o riportati a uno stato di conservazione favorevole nella loro area naturale di diffusione interna all'UE. Non si tratta solo di impedire un ulteriore declino o la scomparsa di tali specie e habitat, bensì di fare in modo che registrino un recupero sufficiente per tornare a prosperare sul lungo periodo. Nella ZSC “Monti Alburni” sono stati effettuati interventi di recupero di un habitat di prateria tutelato, chiamato “6210* - Formazioni erbose secche seminaturali e facies coperte da cespugli su substrato calcareo”. Sui Monti Alburni, come nella maggior parte del Parco, queste praterie dipendono dalle attività tradizionali dell’uomo, soprattutto dalla pastorizia.

L’abbandono di queste attività che si sta verificando nelle zone collinari e montane è una minaccia per gli habitat e gli insetti impollinatori che da essi dipendono. Infatti, senza la pastorizia o la pratica agricola dello sfalcio, queste praterie vengono man mano invase prima dei cespugli e poi anche dagli alberi e così scompaiono, come purtroppo è stato verificato sui Monti Alburni. Gli interventi per il recupero dell’habitat di praterie hanno riguardato al momento un’area di 7,5 ettari, con la rimozione di arbusti con decespugliatore o motosega, escludendo esemplari di arbusti e alberi di maggiore dimensione.”

2. Ad oggi quali sono i risultati del progetto “Impollinatori” conseguiti dal Parco?
“Come abbiamo detto, il progetto si muove su più linee d’azione.

Per quanto riguarda il monitoraggio, il Parco ha individuato 14 transetti (tragitto di 500 metri percorso a piedi dai ricercatori) da monitorare per gli insetti impollinatori selvatici (Apoidei, Lepidotteri e Sirfidi), secondo metodiche comuni per tutti i Parchi. Come richiesto da ISPRA, i transetti sono stati individuati sia in aree agricole (a conduzione biologica e non) che in aree a maggiore naturalità. Per lo studio delle pressioni che minacciano gli insetti impollinatori, ci siamo concentrati sullo studio dell’uso dei pesticidi nell’area del Parco.

Per gli interventi sul territorio, come già detto, abbiamo recuperato una porzione dell’habitat di prateria 6210 sui Monti Alburni.

Sulla base dei risultati ottenuti pianificheremo altri interventi di recupero di habitat prioritari, in linea con quella che è la mission del parco.