Dubai, preso superlatitante del clan Amato Pagano: Gaetano Vitagliano ​si nascondeva in un attico di lusso

Considerato il cassiere della cosca, riciclava il denaro del traffico del droga

Dubai, paradiso dei latitanti di camorra
Dubai, paradiso dei latitanti di camorra
di Giuseppe Crimaldi
Mercoledì 23 Novembre 2022, 23:54 - Ultimo agg. 24 Novembre, 15:45
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Scacco matto al cassiere degli Scissionisti. Catturato ed estradato in Italia Gaetano Vitagliano, il 48enne napoletano che si era rifugiato a Dubai per sottrarsi a un’ordine di carcerazione emesso dalla Procura Generale di Roma perché condannato con sentenza definitiva alla pena di quattro anni e 10 mesi per riciclaggio e trasferimento fraudolento di valori. 

Si nascondeva da un anno in un superattico di lusso nella esclusiva area di Dubai Marina, nella capita degli Emirati, per lungo tempo diventata un rifugio dorato di boss e criminali che lì si sentivano forti, al sicuro, imprendibili. Così non è più, e - grazie all’ennesima indagine della Polizia di Stato - oggi arriva la conferma che anche Dubai è terra che scotta per tante “primule rosse” della camorra, e non solo.

In manette e - anche in tempi rapidissimi - Vitagliano è sbarcato ieri all’aeroporto di Fiumicino per essere trasferito in carcere. Su di lui ha indagato la Squadra Mobile di Napoli guidata dal primo dirigente Alfredo Fabbrocini, che da settimane ne seguiva i movimenti negli Emirati.

Gli elementi raccolti sono stati condivisi con il Servizio Centrale Operativo e con la polizia di Dubai.

Le inchieste che hanno investito il 48enne di Scampia hanno dimostrato come Vitagliano fosse tra i principali riciclatori del denaro sporco provento dei traffici di droga ascrivibili al gruppo degli Amato-Pagano. Nel 2018 Vitagliano viene arrestato con altre 21 persone nell’ambito di un’inchiesta che portò anche al sequestro di 280 milioni di euro tra immobili (261), conti correnti e ben 54 società. Secondo le accuse iniziali i personaggi in odore di camorra riciclavano denaro attraverso i locali della movida romana, accuse ribadite anche da altra indagine della Finanza, con altri sequestri imponenti di capitali, quote societarie, beni mobili e immobili. 

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Ma la cifra più importante di questo arresto in Medio oriente è rappresentata dalla conferma di come - grazie all’impegno dell’ex procuratore della Repubblica di Napoli Giovanni Melillo, e ad un accordo internazionale siglato dall’ex ministro della Giustizia Marta Cartabia - gli Emirati Arabi Uniti non siano più un buen retiro per i mafiosi. Addio al “paradiso” di fuggitivi e latitanti.

Emblematiche, in tal senso, appaiono le vicende relative a due tra i principali narcotrafficanti sulla scena internazionale come Raffaele Imperiale e il suo braccio destro, Bruno Carbone. Il primo, ritenuto a capo di una rete di narcotraffico e riciclaggio operante in numerosi Paesi del mondo, è stato arrestato dalla Squadra Mobile di Napoli e dal G.I.C.O. della Guardia di Finanza di Napoli, a marzo, presso lo scalo aeroportuale di Roma–Ciampino, dopo una latitanza dorata trascorsa proprio nella nota città emiratina: al narcos di Castellammare di Stabia sono stati notificati una condanna definitiva a cinque anni e sei mesi di reclusione per il reato di associazione finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti e una ordinanza di custodia cautelare in carcere per il reato di associazione di stampo mafioso (ritenuto affiliato sempre al clan Amato-Pagano).

Suo socio in affari era Bruno Carbone, che pure ha trascorso buona parte della sua latitanza nella città di Dubai. Anch’egli ritenuto esponente di spicco di una organizzazione a carattere transnazionale in grado di muovere ingenti quantitativi di stupefacente - in particolar modo cocaina - da una parte all’altra del globo, ha visto finire la sua fuga lo scorso 15 novembre presso lo scalo aeroportuale di Roma-Fiumicino, allorquando la Squadra Mobile di Napoli lo ha arrestato in esecuzione di una condanna definitiva a 20 anni di reclusione per il reato di associazione finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti. 

In questa lotta senza quartiere contro i latitanti di camorra la Direzione distrettuale antimafia di Napoli ha svolto un ruolo determinante e incessante per giungere ad una decisione importantissima: il trattato di estradizione dei latitanti ricercati per reati gravi (quali l’associazione mafiosa e il traffico internazionale di stupefacenti) siglato dall’ex ministro della Giustizia Cartabia e il suo omologo emiratino Abdullah Al Nuaimi nel marzo scorso. 

E per chiudere il capitolo dei latitanti eccellenti estradati in Italia non si può non ricordare Raffaele Mauriello. Considerato elemento apicale del noto sodalizio camorristico degli Scissionisti, l’uomo venne arrestato dalla Squadra Mobile di Napoli e dal Nucleo investigativo dei Carabinieri del capoluuogo campano in esecuzione di due distinte ordinanze di custodia cautelare che lo vedevano gravemente indiziato dei reati di omicidio aggravato dal metodo mafioso e porto abusivo di armi in luogo pubblico. Mauriello è ritenuto dagli inquirenti l’autore dell’omicidio di Andrea Castello nel 2014 e di quello di Fabio Cafasso Fabio, nel 2011.

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