«Sento puzza di terrorismo», dice Erdogan. Ma chi sono i terroristi? I guerriglieri curdi, i combattenti dello Stato Islamico o altri? In quegli “altri” sono comprese altre due ipotesi, oltre ai curdi e all’Isis: un atto destabilizzante a opera di servizi stranieri, forse russi o filo-russi, nel quadro della guerra in Ucraina, o qualche azione con obiettivi interni, considerando che la Turchia è già in campagna elettorale e voterà per il Parlamento e la Presidenza nel giugno 2023. E già in passato, a ridosso delle elezioni, si erano moltiplicati gli atti di terrorismo.
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LA RIVENDICAZIONE
«Se anche ci sarà una rivendicazione, bisognerà essere cauti nel valutarne l’attendibilità», spiega Marco Lombardi, professore alla Cattolica di Milano, esperto di guerra ibrida e direttore del centro di ricerca “Itstime”. «I turchi fra l’altro hanno bloccato le navi russe negli stretti del Mar Nero, le hanno fatte tornare indietro. Tutta la situazione nell’area è fluida, in movimento, e il terrorismo o l’uso del terrorismo è un asset, uno strumento, della guerra ibrida. Anzi, siamo in piena guerra ibrida». Il terrorismo si configura non per le sue motivazioni, ma per le modalità, secondo Lombardi va quindi «compreso sulla base degli effetti che produce, non delle motivazioni che ci sono dietro». Un ragionamento che lascia aperte tutte le strade. Anche sulla base delle rivendicazioni e degli attentati passati, un’ipotesi che sta in piedi è quella di un attentato a opera dei curdi, ma resta senza risposta la domanda sul «perché proprio adesso». Una rivendicazione curda è sempre possibile, non necessariamente vera. Autentica, forse, ma non vera. Stando all’ultimo rapporto dell’International Crisis Goup, un think tank centrato sul terrorismo e sulle situazioni di conflitto nel mondo, l’elemento che nel 2022 si profila come il più rischioso per la Turchia resta il confronto anche militare con il Pkk turco e coi suoi affiliati in Iraq, Siria e nel Sud-est della Turchia, mentre sono alte le tensioni con la Grecia per la questione delle esplorazioni sottomarine di fonti energetiche.
MISURE POPOLARI
Erdogan ha poi varato misure popolari, in particolare ha ritoccato verso l’alto lo stipendio dei funzionari dello Stato, addirittura del 42 per cento. Inoltre, non si stanca di ripetere che hanno pesato sulle finanze turche gli oltre 3,6 milioni di rifugiati siriani accolti dall’inizio della guerra nel Paese confinante. Erdogan è riuscito però a stanziare 30 miliardi di lire turche (quasi 2 miliardi di euro) a copertura dei debiti accumulati da più di 5 milioni di famiglie, e ha varato un ambizioso programma di edilizia abitativa.
Non sempre, in Turchia, gli atti di terrorismo sono stati rivendicati, anche se quasi sempre hanno portato a processi e condanne. E in sostanza la responsabilità degli attacchi è divisa tra curdi da un lato e jihadisti dall’altro. Ma ciò che cambia le carte in gioco, rispetto al passato, è la guerra proxy, ai confini, con tentativi di destabilizzazione estesi al Paese che nell’area è oggi l’unico vero fattore di stabilità, con Erdogan unico leader con qualche chance di portare i contendenti al tavolo del negoziato.