Due colpi secchi e un terzo prolungato. È l'audio del drammatico istante in cui, il 23 maggio dell'anno scorso il cavo della funivia del Mottarone si è spezzato, ascoltato oggi in aula a Verbania durante la prima udienza dell'incidente probatorio disposto per far luce sulle cause dell'incidente in cui sono morte 14 persone e solo un bambino, il piccolo Eitan, è sopravvissuto.
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La registrazione di pochi secondi, riproposta più volte anche abbinata al video con le immagini della cabina numero 3 a pochi metri dalla stazione di arrivo, ha riavvolto la pellicola di questo tragico film, facendo tornare alla memoria un dramma indelebile. «Sono scosso e a distanza di tempo non ho superato la cosa», afferma Gabriele Tadini, allora caposervizio della funivia, fuori dalla palazzina sede della Provincia. «Ci penso tutti i giorni, e mi sento comunque responsabile - prosegue - Ho sempre detto la verità, l'ho raccontata subito, ancora prima che mi facessero le domande» al momento del fermo.
«Sono due notti che non dormo - rivela per far capire quanto per lui sia faticoso essere presente in aula - Prego, è l'unica cosa che faccio e che mi risolleva. Sono credente e quando sono giù mi attacco a quello. Prego prima per le vittime e poi per me». Più defilato Enrico Perocchio, il direttore di esercizio, anche lui tra i 14 indagati. «Dentro di me sono morto il 23 maggio dell'anno scorso», si è limitato a ripetere.
In mattinata, oltre all'ascolto dell'audio, hanno preso la parola gli ingegneri del collegio informatico, guidati da Paolo Reale, professore dell'Università Uninettuno di Roma. Dal loro lavoro emerge non solo che i dati conservati nel registratore di eventi riguardavano gli «ultimi otto mesi» prima dell'incidente e non l'ultimo anno come prevedono le norme, ma anche l'assenza di qualsiasi traccia dell'inserimento o meno dei forchettoni: la scatola nera è infatti 'cieca', non registra né tiene in memoria la loro attivazione. Inoltre hanno messo nero su bianco che dall'8 e il 23 maggio 2021 la cabina numero 3 ha effettuato tutte le 329 corse con i forchettoni inseriti, dato emerso dall'impianto di videosorveglianza.
Nel pomeriggio è toccato al cosiddetto «collegio delle cause» presieduto Antonio De Luca, ordinario di Tecnica delle costruzioni all'Università Federico II di Napoli: sono state descritte le norme italiane nel settore funiviario e la catena dei controlli tra cui quelli finali affidati all'Ustif (manca l'ispezione annuale 2020), e, con riferimento all'impianto del Mottarone, ha anche accennato ai registri incompleti dell'impianto. Inoltre è stata fatta una rassegna della bibliografia che riguarda in generale le funi per sottolineare ancora una volta l'importanza del monitoraggio continuo.
I tecnici, che nella loro relazione sono arrivati a concludere che il cavo tranciato era corroso ben prima dell'incidente e che una corretta manutenzione avrebbe potuto rilevarlo, riprenderanno domani. Al termine del loro intervento spetterà alla procura fare domande. Dopo di che, forse lunedì o nelle altre udienze fissate per novembre e dicembre, sarà la volta dei legali dei famigliari delle vittime e di Eitan e poi delle difese. L'avvocato Marcello Perillo, legale di Tadini, ha tenuto a precisare che suo interesse è «che venga precisato quali erano i ruoli relativi ai controlli» e quali erano le verifiche che spettavano a Ustif, Leitner e Sateco. Una volta appurato ciò, il registro degli indagati potrebbe subire modifiche.